martedì 18 ottobre 2011

La mia BRASSARD.... Parte Seconda!

Ore 2.45… il suono della sveglia ci fa aprire gli occhi. Chi più, chi meno, tutti abbiamo dormito con le mimetiche indosso… alcuni non si sono sfilati neanche gli anfibi. Io faccio un po’ di fatica a svegliarmi anche a causa di un forte mal di schiena… l’attrezzatura e gli undici caricatori monofilari che mi porto dietro, di certo, non fanno bene alle mie vertebre.
Zed, papà di questa nostra grande famiglia, entra nella mia stanza e mi guarda sorridendomi… basta questo gesto per darmi la giusta energia e lasciare la branda. Mi bagno il viso con un po’ di acqua fresca nel tentativo di riattivare almeno un po’ il cervello.
Nelle stanze risuonano i “click” delle fibbie che si chiudono… cinturoni, sacche cosciale e fondine delle pistole sono al loro posto. Le zip dei tattici si chiudono e le borracce sono piene d’acqua. “Il peggior nemico di un soldato è la disidratazione!”… quante volte ho sentito nei film, o letto nei libri, questa frase… ed è vero, mai rimanere a corto d’acqua, soprattutto se la giornata sarà lunga e, probabilmente, calda.
Dieci minuti di preparazione e siamo fuori… camminiamo verso il comando della base in attesa di ricevere i nostri ordini. Il M.E.I. (Movimento Elbano Indipendente) vuole che i Patriot vadano in Recon su un sito posto in località Campo nell’Elba, uno dei tanti piccoli comuni disseminati su tutta l’isola, roccaforte dei Regolari. A farci da guida, una piccola pattuglia di quattro elementi… tutti ragazzi del posto a giudicare dal loro accento dialettale. In testa alla squadra un giovanotto… di sicuro con parecchi anni in meno di noi vecchietti (o quasi); dice di chiamarsi Flipper e ci spiega nei particolari quali dovranno essere i nostri compiti. C’è anche un obiettivo secondario da dover raggiungere ma, data l’ora già tarda e il rischio di arrivarci già con il sole alto sull’orizzonte, concordiamo tutti assieme che il successivo OBJ verrà fissato in base al tempo residuo di oscurità a nostra disposizione.
Si monta sui mezzi e formiamo un piccolo convoglio… in testa, la Jeep di Flipper e gli altri componenti della sua pattuglia. Con un’andatura regolare percorriamo le stradine tortuose dell’Elba… bellissima isola con vegetazione rigogliosa e verde, luogo ideale per una futura vacanza al mare… magari.
Entriamo nel territorio della UNOCAP; occultiamo i fucili sotto ai sedile e leviamo i baschi dalle teste per essere meno riconoscibili. A quest’ora della notte non và proprio a nessuno di essere fermati ad un check point ed arrestati dai Caschi Blu… meglio evitare di perdere 4 ore per una prigionia poco gradita.
La striscia “cuscinetto” dell’Unocap ce la lasciamo alle spalle ed entriamo, a tutti gli effetti, in territorio nemico… adesso siamo veramente soli. A poche centinaia di metri da quel confine ideale, Flipper comunica alle nostre radio di distanziare la testa del convoglio di almeno 150 metri. Il rischio di posti di blocco nemici è alto…
Non facciamo in tempo ad eseguire l’ordine che subito Flipper grida alla radio: “FERMI! Tornate indietro, abbiamo appena forzato un check point nemico. Ritornate verso il centro abitato ed attendete nostri ordini!”. I conducenti dei mezzi spingono sui freni, girano velocemente gli sterzi e invertono il senso di marcia… più avanti, ricordando il percorso fatto, ci dovrebbe essere una stradina secondaria che porta verso le campagne. Ci nascondiamo lì, dietro ad un canneto… per precauzione, rimaniamo “invisibili” per almeno una ventina di minuti.
Flipper e i suoi sono, oramai, fuori portata radio… Zed, non ricevendo ordini, comunica con loro tramite telefono cellulare. Ci dicono di rimettersi in marcia e di tenere gli occhi ben aperti… il rendez vous è stabilito in una stradina chiusa in località La Foce, pochi Kilometri più avanti.
Arriviamo sul punto dove Flipper ha forzato il blocco e la tensione cresce… dito sul grilletto, pronti a scendere e a reagire nel caso in cui i Regolari ci fermassero. Sbuchiamo da una curva ma… niente, non c’è nessuno. Com’è possibile? Fino a mezz’ora fa il nemico presidiava questa strada… ora dov’è?
Non so… il mio istinto mi dice che qualcosa non torna… ma i capi hanno deciso questo per noi e gli ordini non si discutono, si eseguono. Arriviamo al punto di incontro stabilito, ci ricompattiamo e proseguiamo verso l’OBJ primario. La strada è sinuosa e si arrampica sul territorio collinare… davanti a noi i riflessi della luna ondeggiano sul mare, che bella vista alle 5 del mattino.
Finalmente ci siamo, eccoci arrivati. I mezzi li parcheggiamo in una piazzola ad un kilometro circa dall’obiettivo… sono ben riparati, difficilmente li potranno individuare. Check dell’attrezzatura e ripasso delle regole d’ingaggio: siamo una pattuglia Recon, dobbiamo solo osservare. Non ingaggiare combattimenti! Nel caso in cui le forze nemiche siano ridotte, e le probabilità di vittoria siano giudicate buone, allora si potrebbe richiedere al comando l’autorizzazione al combattimento… per ora, preoccupiamoci di arrivare sul punto sensibile senza farci notare.
La luna piena illumina perfettamente la strada… un vantaggio per noi che non dobbiamo accendere le nostre torce per far luce, un vantaggio anche per loro che potrebbero vederci anche a metri di distanza. Scivoliamo furtivi lungo la statale, due colonne ordinate e ben distanziate corrono lungo i lati della strada.
Ci stiamo muovendo veramente bene, in un silenzio quasi totale. Sembra che i nostri anfibi tocchino a malapena il cemento limitando al minimo i rumori; che bella squadra… affiatata, tutti sanno cosa devono fare e, soprattutto, come lo devono fare.
10 minuti di cammino ed arriviamo ad un bivio: la strada alla nostra sinistra sale lungo un costone e porta ad una zona poco abitata… un paio di villette al massimo. Sopra di esse, su un terrapieno di 5/7 metri, una spianata…. un vecchio campo da calcio non più utilizzato a giudicare dalle porte ancora installata ai due lati del rettangolo di gioco.
Ci dividiamo in due gruppi: quello di Flipper sale dal fianco destro aggirando l’eventuale presenza di avversari, i Patriot affrontano il terrapieno percorrendo un sentiero appena battuto e abbastanza ripido. Vado avanti io… questa volta vesto i panni dello Scout. Sto attento a non calpestare rami o fogliame… non voglio fare rumori e, soprattutto, non voglio essere il primo a “rimetterci la pelle”. Arrivo appena sotto il culmine della collinetta e metto il naso fuori… a quanto pare tutta la zona è completamente libera.
Faccio segno agli altri con una mano… nessuna presenza di ostili. Scolliniamo e in pochi secondi tutta la squadra calpesta il terreno del campo di calcio… più in lontananza, sulla destra, vediamo Flipper e i suoi che iniziano la perlustrazione in cerca di qualcuno.. o di qualcosa.
Ci guardiamo intorno, controlliamo anche quella costruzione che, una volta, doveva essere adibita a spogliatoio… ma niente, non c’è traccia di munizioni, documenti importanti o qualsiasi elemento che possa essere utile al comando.
Ma che siamo venuti a fare fin quassù? E, soprattutto, questa squadra capitanata da Flipper… a che gioco sta giocando? Il mio dubbio lo riscontro anche nelle facce perplesse degli altri compagni… Dredd mi si avvicina dicendomi: “qui non c’è niente… sta storia mi puzza”.
Qui non c’è più niente da fare… se anche l’obiettivo fosse stato operativo fino a poche ore fa, ora è decisamente “freddo”, inutile restare. Ripercorriamo la strada in discesa velocemente per riguadagnare tempo e terreno verso le macchine… in cielo spunta una bellissima alba color porpora, l’alba del penultimo giorno di combattimenti per l’Operazione Ad Maiora.
Oramai la possibilità di controllare il secondo OBJ è sfumata, si è fatto già giorno… Montiamo nuovamente in macchina e il sonno inizia a farsi sentire. Le palpebre si fanno pesanti, difficile tenere gli occhi aperti. Ricomponiamo il convoglio e puntiamo dritti dritti verso “Base Capanne”, la nostra “casa”. Durante la strada poche chiacchere… qualcuno dorme… radio silenziose, nessuna comunicazione.
D’un tratto: “Flipper a squadra, gli ordini sono cambiati. Dovete attaccare una polveriera avversaria a pochi kilometri da qui. Attendiamo rinforzi, la compagnia sarà formata da circa 24 elementi”. Cazzo! Questa si che è una bella notizia! Proprio quello che ci vuole per sgranchirsi un po’ le gambe e levarsi un po’ di torpore e di stanchezza da dosso!
Spezzo un quadratino di cioccolato bianco e lo faccio sciogliere in bocca… sono energie preziose, zuccheri che mi aiuteranno a compiere l’ultima fatica della giornata, spero. Offro dei pezzi anche ai compagni… Padrino, Snake… Dredd… ne mangiano un po’. Joker è ancora troppo assonnato… Zed è troppo indaffarato nel pianificare l’attacco e ricevere ordini. Wolf, come al solito, è già carico di suo… gli basta l’adrenalina che ha in corpo per andare avanti.
Arrivano i rinforzi… un convoglio composto da pochi mezzi a dir la verità. Le forze in campo, da quello che ci è dato sapere, si bilanciano quasi perfettamente… il rapporto di uomini tra attacco e difesa è di circa 1 a 1… un po’ poco per noi che dobbiamo stanare l’avversario. Siamo scarsi a livello di numeri, ma dobbiamo farlo… dobbiamo attaccare la polveriera avversaria, dobbiamo provarci. Gli elementi giocano contro di noi… il sole è anche già alto e la visibilità perfetta. Magari sarebbe stato meglio arrivare sul nuovo obiettivo un paio d’ore prima… l’oscurità ci avrebbe dato una mano.
Ultimo controllo ai caricatori… OK, i pallini ci sono… iniziamo a salire lungo una mulattiera ripida e molto sconnessa. I muscoli delle gambe iniziano a tirare… fanno male, cazzo. La colonna si divide in due spezzoni: quello più avanzato ci distanzia di una decina di metri. Sulla mia destra ho Zed… davanti Snake… dietro tutto il resto dei Patriot.
Pochi istanti e parte la prima raffica: “Sono qui dietro cazzooooooo!!!” – la testa delle colonna ingaggia una pattuglietta nemica che si era appostata dietro un cespuglio su un terrapieno… gli siamo passati accanto e siamo caduti nell’imboscata. Loro, tatticamente perfetti, hanno atteso che sfilasse buona parte del gruppo per poi aprire il fuoco… sul terreno lasciamo già i primi “morti”.
La pattuglia nemica, comunque, viene dispersa da una nostra reazione immediata… noi Patriot, per ora, siamo tutti in piedi sulle nostre gambe.. eravamo ancora distanti dal luogo dell’agguato.
Ora, però, è giunto il momento di muoverci e di correre verso la spianata dell’altipiano. Il campo, pieno di sterpaglie e di cespugli di Finocchio Selvatico e Ripitella, ha una forma pressoché quadrata… sul nostro lato sinistro continua la mulattiera da cui siamo saliti… il campo è diviso da questa stradina imbrecciata mediante un piccolo dosso del terreno. Alzo lo sguardo sopra al mucchio di terra e vedo, sul lato opposto a destra, la pattuglia nemica dell’imboscata ripiegare velocemente verso le postazioni meglio difese.
“Ah, se i nostri pallini potessero coprire una gittata maggiore… li farei secchi con una sola raffica.”

In fondo al campo, proprio di fronte a noi, vediamo una piccola pineta ben riparata da siepi abbastanza alte da coprire perfettamente un softgunner in piedi. E’ proprio lì che i Regolari hanno piazzato la tenda che funge da polveriera… la vediamo perfettamente nella penombra. La questione si fa complicata… oramai ci hanno individuato e conoscono benissimo le nostre posizioni. Non possiamo far altro che aprire la formazione a pettine e avanzare quanto più compatti possibile in avanti. I nostri unici ripari sono gli arbusti selvatici alti appena sino alle ginocchia… non c’è modo di mimetizzarsi, se non strisciare in terra o camminare carponi.
Ma loro hanno il vantaggio della difesa… sono piazzati meglio e più in alto, ci vedono nonostante i nostri sforzi. C’è poco da fare, si deve andare avanti cercando di essere veloci… e sperando che la mira di quello che ti vuole eliminare non sia buona come la tua. Mi allargo a destra e tento di raggiungere il sentiero dove, pochi minuti prima, la pattuglia avversaria aveva ripiegato… niente da fare… una Minimi dietro ad un cespuglio inizia a sputare 5000 pallini al minuto. Mi ha inchiodato… cazzo!
Nella confusione perdo contatto con i miei… vedo Snake poche decine di metri sulla mia sinistra… accovacciato in terra… ogni tanto fa partire quale raffica senza vedere dove sta effettivamente sparando… lui è ancora più in difficoltà rispetto a me, la sua statura non lo aiuta a ripararsi.
Io mio butto dietro un rovo un po’ più alto degli altri… poggio il mio guantino proprio sopra a delle spine, qualcuna buca la stoffa.
Alzo appena la testa e vedo, ad ore una, un paio di teste nemiche spuntare dai cespugli… SPARA, SPARA!! – mi dico... Non bado alla mira… l’importante è creare un po’ di fuoco di copertura e, magari, costringerli a spostarsi e lasciarmi qualche metro per avanzare.
Non ottengo risultati apprezzabili… loro sono sempre lì e, oltretutto, ora ho attirato l’attenzione anche di altri Regolari da ore 12 e 11. Guardo alla mia sinistra e mi accorgo di avere, a pochi passi, anche Dredd…
Non sta messo meglio di me, anche lui è bloccato dall’alto rateo di fuoco del nemico. Prova anche lui a crearsi un po’ di spazio… sento le sue lunghe raffiche partire dal fucile. Faccio la stessa cosa nel tentativo di concentrare meglio il fuoco ma nulla… arrivano alcuni pallini e Dredd grida: “Colpito…” – è fuori anche lui, e io rimango solo. Sento i colpi che mi passano a pochi centimetri dalla testa… devo spostarmi, oramai sono inchiodato qui e rischio di rimanerci.
Mi alzo, apro il fuoco ma sento un “tic” sul tattico… mi hanno colpito. “MORTOOOOO” grido… il mio attacco finisce qui, e anche quello degli altri compagni termina di lì a breve. Non ce l’abbiamo fatta… loro erano meglio organizzati e piazzati. Noi troppo pochi e, soprattutto, troppo esposti.
Mi sposto nella zona dei “morti”… il gruppo è tristemente folto. Arrivano gli ufficiali dell’Esercito Regolare e ci mettono in fila per le perquisizioni: sono in cerca di documenti utili… frequenze radio, coordinate GPS… munizioni. Tutto ciò che può tornargli utile.
L’adrenalina e l’eccitazione fanno posto alla rabbia e allo scoramento per non aver conquistato un OBJ che poteva essere fondamentale per le sorti dell’Operazione. Frugano nelle tante tasche del mio tattico ma non trovano niente… per fortuna, non ho nulla che può interessargli.
Chiedono se ci sono ufficiali a comandare la compagnia… si fa avanti Brontolo, un ragazzetto mingherlino: “Sono io, sono un capo plotone” dice. Lo trattengono con loro… a noi ci viene dato il permesso di andare via.
Ripercorriamo la via dell’andata in discesa… le piante dei piedi, messe a dura prova da ore interminabili di marcia, iniziano a dolere con insistenza. Si fa il punto della situazione e si monta di nuovo sui mezzi per tornare in base.
Al nostro arrivo, verso le 9 del mattino, ci attendono altre quattro ore di guardia al check point e alla zona della vecchia polveriera. Mi ritrovo a presidiare ques’ultima con Wolf… approfittiamo per scaricare un po’ la tensione e ci teniamo svegli facendo due chiacchere. Abbiamo sempre di più la convizione che, questa notte, Flipper e i suoi ci abbiano tirato un bel tranello… abbiamo sempre di più la convizione che Flipper e i suoi siano dei Contractors della White Waters, l’agenzia governativa di mercenari che opera sull’Isola; gente poco propensa alla lealtà che cambia spesso bandiera in base al profumo dei soldi… anche gli Elbano-Corsi se ne servono ma, questa volta, crediamo proprio che ci abbiano attirato in un bel tranello e ci abbiano fatto perdere tempo per gran parte della nottata.
Sono le 13.30… il nostro turno di guardia è finito già da mezz’ora ma il cambio tarda ad arrivare. Siamo stanchi, spossati… i morsi della fame ci attanagliano lo stomaco. Il nostro più grande desiderio è mangiare un piatto caldo… il primo pranzo decente dopo due giorni di scatolette e cibi pronti. Vogliamo andare a letto per riprendere un po’ le forze… ecco quello che vogliamo.
Finalmente eccoli! Sono due ragazzi dei Rainbow di Aprilia, anche loro fanno parte del “Plotone Zanca”; li vediamo freschi e riposati… hanno dormito e mangiato… ora tocca a loro difendere i nostri confini.
Ci leviamo i gilet, smontiamo cinturoni e armi… trasciniamo i piedi stanchi giù, verso il ristorante. Ci sediamo… parte dei Patriot sono già arrivati qualche minuto prima di noi. Occhiaie e facce lunghe per la stanchezza, ma ancora voglia di farci quattro risate.
Arrivano dei bei piatti pieni di pasta al ragù e arrabbiatta… che buono il profumo del sugo di pomodoro! Mangiamo e ci rilassiamo… una birra e una coca prima di andare a letto. Proprio quello che ci voleva dopo una giornata con dei risultati, a livello tattico, non troppo entusiasmanti.
Torniamo negli alloggi… alcuni crollano sul letto. Joker e Snake iniziano a ronfiare pochi secondi dopo aver toccato il cuscino… Padrino sistema l’attrezzatura, lui si sa… dorme poco, meno di tutti. Io mi faccio una doccia e mi levo un po’ di polvere di dosso… poi mi sdraio sul letto finalmente. Ci attendono 5 ore di riposo… mi sembrano un’eternità in confronto al sonno frazionato che abbiamo avuto in queste ultime 36 ore.
Buonanotte PATRIOT, buonanotte Elbano-Corsi…. Buonanotte mondo.

Continua!
Associazione Sportiva Dilettantistica PATRIOT

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